Recensione “Il paese degli addii” di Atia Abawi

“Con un cenno della mano chiuse lo sportello e salutó il ragazzo che sapeva non avrebbe rivisto mai più: ecco cos’era diventata la Siria, una terra di eterni addii.”
Buonasera cari lettori, come state? Oggi vi consigliamo un libro dolce, intenso e quanto mai attuale: “Il paese degli addii” di Atia Abawi edito da @giuntieditore.
Tareq, giovane adolescente siriano, si ritrova sommerso dalle macerie. È l’estate del 2015 e la sua vita sta per cambiare: la maggior parte della sua famiglia rimane uccisa dall'esplosione di una bomba e per lui, il padre Fayed e la sorellina Susan è il momento di lasciare la propria terra per cercare un futuro migliore. Inizia così un’odissea che li porterà attraverso la Turchia, prima, e la Grecia, poi, trovandosi costretti a vivere in condizioni disumane, nel terrore, in una terra che non riconoscono più come “casa”. Purtroppo non hanno abbastanza soldi per partire insieme e il padre decide di sacrificarsi rimanendo in Turchia per consentire ai figli di partire. Tareq sa che deve essere forte per la sorellina, non può lasciarsi andare allo sconforto. Ha il compito di proteggerla e di farla arrivare sana e salva in Europa. Ma in mano agli scafisti, gente crudele e senza scrupoli, non è così facile come pensava. Fortunatamente, poco prima della partenza incontra Jamila e Najiba, due sorelle afghane che, come loro, devono affrontare il terribile viaggio in gommone per arrivare sulle coste greche.
Sarà solo al loro arrivo, dopo un viaggio difficile e pieno di disperazione, che arriveranno al campo profughi di Atene  e conosceranno Alexia, una giovane volontaria americana che stringerà un legame speciale con Tareq e Susan.
Linguaggio semplice e scorrevole, arricchito dalla presenza di vocaboli arabi che accompagnano il lettore attraverso tutto il mondo orientale.
Voce narrante è il destino, compagno di viaggio dei nostri protagonisti, che ci aiuterà a comprendere quanto noi occidentali siamo fortunati ad essere nati nella “parte giusta” del mondo.

“La storia delle migrazioni di massa e della perdita è intrecciata alla trama della storia umana. Un giorno tocca a loro, quello dopo a te. Eppure, con il susseguirsi delle generazioni, i più dimenticano che anche i connazionali hanno sofferto. Se alcuni custodiscono ancora l’empatia nell’animo, altri scelgono di non farli e di aiutare se stessi prima di aiutare gli altri. Sono gli animi che non conosceranno mai la vera felicità, i cuori che non saranno mai pieni.”

Ma soprattutto, il Destino porterà il lettore a riflettere riguardo una condizione che, purtroppo, affligge ormai sempre più persone. Persone che cercano un aiuto nel nostro paese. Aiuto che, fomentati dall’odio, purtroppo non sempre riusciamo a dare.

“Le linee invisibili che solcano il vostro mondo racchiudono un potere immenso. Anche se voi non riuscite a vederle, la vita e la morte possono dipendere da dove vi trovate. La traiettoria della vostra esistenza è condizionata.
Mentre, disperati, fuggivano dalle loro case, i siriani hanno visto altri entrare nelle tenebre e continuare ad alimentare le fiamme del caos. Come in tutti i paesi lacerati dalla guerra, degli stranieri hanno distrutto ulteriormente le loro case e la loro patria. Dopo aver varcato quelle linee invisibili hanno provato un certo sollievo, ma le avversità non erano finite. I giorni sono diventati mesi, ogni istante una battaglia dall’esito incerto. C’era il rimpianto di essere partiti e l’angoscia per non averlo fatto prima. C’erano giorni senza cibo e mesi senza un riparo sicuro. Malgrado lottassero per la sopravvivenza anche nelle nuove case, la situazione nelle città che avevano lasciato era comunque peggiore. Sono definiti i “fortunati”. In situazioni simili, però, nessuno lo è. La fortuna li ha abbandonati, certe volte per sempre. I paesi vicini, come Turchia, Giordania e Libano, hanno sostenuto il peso maggiore dei profughi della Siria. Hanno accolto i milioni che si sono riversati nei loro confini modificandone la popolazione. Il benvenuto non sempre è stato generoso. E non tutti quelli che arrivano vogliono restare. Prima o poi vorrebbero tornare a casa una volta calmate le acque, come accade a tanti profughi. Non si rendono conto che forse non riavranno mai più una vera casa. Destinati a non fare mai più parte del loro nuovo mondo e non sempre sradicati dal vecchio. Tanti siriani, un popolo un tempo fiero, sono stati costretti a sopportare una vita di squallore e umiliazione. Certe donne obbligate a prostituirsi, altri usati come schiavi. I luoghi turistici di Istanbul sono pieni di bambini che vendono fazzoletti per aiutare la famiglia. Vecchiette fragili che dovrebbero stare in cucina a bere il tè, come faceva la nonna di Tareq, passano diciassette ore al giorno nelle strade di Beirut a chiedere la carità. E alcuni danno in moglie le figlie giovanissime, ben prima del tempo, al campo profughi di Zaatari, in Giordania, per avere una bocca in meno da sfamare. I più ricchi possono permettersi una nuova vita altrove, avviare un’attività e comprarsi la casa. Anche loro, però, non provano mai un senso di appartenenza. Se esistono i profughi, significa che hanno perso tutti, almeno per il momento. In genere sono solo i malvagi ad avvantaggiarsi della miseria di milioni di persone. E il viaggio per varcare le linee invisibili può diventare atroce tanto quanto una vita passata all’inferno.”
Ringraziamo la Casa Editrice Giunti per averci inviato questo bellissimo libro e vi invitiamo a non lasciarvelo scappare! ❤️


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