Book review - "L'amica geniale" di Elena Ferrante
Questa è la storia di Lila Cerullo e di Elena Greco, nate e
cresciute nello stesso rione di Napoli negli anni Cinquanta del secolo scorso.
Sin dalla prima infanzia appare evidente che tra le due intercorrono profonde
differenze: Elena, la voce narrante, è una bimba educata, composta, obbediente
e ligia al dovere; Lila al contrario è una bambina ribelle, irriverente,
imprevedibile che non ci pensa due volte a farsi valere con i suoi coetanei e a
sfidare l’autorità degli adulti. Eppure, nonostante i caratteri opposti, le due
diventano amiche, giocano, si confidano e passano la maggior parte del loro
tempo insieme fino al conseguimento della licenza elementare. Una volta
raggiunto questo traguardo, le due protagoniste prendono strade diverse, eppure
la loro amicizia rimane intatta. Perché ciò che appare evidente al lettore sin
dall’inizio della storia è che ciò che unisce Elena e Lila è un rapporto unico,
fuori dal comune, un legame viscerale, quasi di sangue, uno di quei lacci che
non si spezzano neppure volendolo. Possono anche non vedersi per giorni, mesi,
ma sanno che l’altra c’è sempre, che basta raggiungerla, andare sotto casa sua
per sfogarsi, per avere una parola di conforto. Tra loro aleggia qualcosa di
implicito, qualcosa che non ha bisogno di essere espresso, la consapevolezza,
forse, che per quanto i fili dei loro destini si allontanino, alla fine torneranno
comunque ad intrecciarsi.
“Avevamo dodici anni, ma camminammo a lungo per le vie bollenti del rione, tra la polvere e le mosche che si lasciavano alle spalle i vecchi camion di passaggio, come due vecchiette che fanno il punto delle loro vite piene di delusioni e si tengono strette l’una all’altra. Nessuno ci capiva, solo noi due ci capivamo.”
A fare da sfondo a
questo appassionante primo capitolo della quadrilogia di Elena Ferrante
troviamo il rione, contesto che pagina dopo pagina prende vita attorno ai
protagonisti e alle loro vicende. Un ambiente ristretto e opprimente con le sue
strade polverose, le sue palazzine
vecchie, le sue scarsissime botteghe a conduzione familiare; un luogo in cui
bisogna preoccuparsi delle apparenze per evitare che la gente ti etichetti con
appellativi spregevoli; un luogo in cui in definitiva vige la legge del più
forte (ne sono un esempio lampante i fratelli Solara, i più ricchi e prepotenti
della zona, di fronte ai quali la povera gente è costretta ad abbassare la
testa).
In questo contesto
sporco, desolante, avvilente Elena e Lila riescono a preservare la loro purezza infantile,
rifugiandosi l’una nell’altra, chiudendosi a chiave nel loro mondo segreto.
Solo la presenza dell’altra consente loro di non farsi contaminare dal mondo
malato che le circonda.
“C’era qualcosa di insostenibile nelle cose, nelle persone, nelle palazzine, nelle strade, che solo reinventando tutto come in un gioco diventava accettabile. L’essenziale, però, era saper giocare io e lei, io e lei soltanto, sapevamo farlo.”
Un ulteriore punto a
favore della storia è rappresentato dal fatto che i personaggi che agiscono al
suo interno sono delineati molto realisticamente. Sono esseri umani e in quanto
tali li vediamo fare continuamente i conti con istinti, passioni, con gelosia,
invidia, rabbia, orgoglio e quanto di più autentico alberga in ogni uomo.
Una storia intensa,
una narrazione potente che vi travolgerà, facendovi immedesimare nei personaggi
insieme ai quali gioirete, soffrirete e tratterete il fiato.
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