Recensione "4321" di Paul Auster


Buonasera cari lettori, oggi vi parliamo del libro più bello che ci sia capitato di leggere quest’anno (se non addirittura il più bello in assoluto!): “4321” di Paul Auster, uno dei nostri scrittori contemporanei preferiti.
Iniziamo subito dicendo che avevamo paura di leggerlo perché le nostre aspettative erano altissime, a causa di tutte le recensioni positive. Anche perché è capitato, in passato, che libri considerati “capolavori” dalla massa si siano rivelati delle grandissime delusioni. Fortunatamente, in questo caso, le nostre aspettative non sono state deluse, anzi, sono state addirittura superate!
Innanzitutto, abbiamo trovato la trama originale e dinamica: Auster, con la sua abilità e la sua scrittura fluida e articolata (pur rimanendo semplice), ha intrecciato le quattro possibili vite di Ferguson riuscendo a coinvolgere il lettore.
All’inizio del romanzo siamo catapultati agli inizi del secolo scorso, quando molti migranti (soprattutto ebrei russi) approdavano ad Ellis Island in cerca di una “terra promessa” dove far crescere le proprie famiglie.

“Secondo la leggenda di famiglia, il nonno di Ferguson partì a piedi da Minsk, sua città natale, con cento rubli cuciti nella fodera della giacca, viaggiò a ovest fino ad Amburgo passando per Varsavia e Berlino, comprò il biglietto per una nave chiamata Empress of China che attraversò l’Atlantico in mezzo a violente tempeste invernali ed entrò nel porto di New York il primo giorno del ventesimo secolo. Mentre aspettava di essere interrogato da un funzionario dell’immigrazione a Ellis Island, il nonno di Ferguson attaccò il discorso con un altro ebreo russo. Quello gli disse: Scordati il nome Reznikoff. Qui non te ne fai niente. Per la tua nuova vita in America ti serve un nome americano, uno che suona bene in americano. Poiché nel 1900 l’inglese era ancora una lingua straniera per lui, Isaac Reznikoff chiese suggerimento al più esperto e maturo compatriota. Di’ che ti chiami Rockefeller, fece quello. Così vai sul sicuro. Passò un’ora, poi un’altra ora, e quando si accomodò per rispondere alle domande del funzionario, il diciannovenne Reznikoff aveva già dimenticato il nome che gli era stato suggerito da quell’uomo. Nome?, chiese il funzionario. Battendosi la fronte indispettito, lo stanco immigrato se ne uscì in yiddish, Ich hob fargessen (Non me lo ricordopiù)!
E fu così che Isaac Reznikoff cominciò la sua nuova vita in America come Ichabod Ferguson.”

Ichabod Ferguson è il nonno di Archie Ferguson, il nostro protagonista, che Auster chiama semplicemente Ferguson per tutta la durata della narrazione. In questo romanzo, infatti, il lettore seguirà pagina dopo pagina la vita di Ferguson, dall’infanzia all’adolescenza, fino ad arrivare all’età pre-adulta (il momento del college, per intenderci).
Ferguson nasce a Newark (New York) nel 1947 da … e Rose Adler. Fin da piccolissimo dimostra interesse nello studio e nella lettura, soprattutto di classici, ed è circondato da amici e familiari che lo amano. Il lettore segue Ferguson fino agli 8 anni e il racconto procede lineare. Ma è proprio da questo momento che Auster “sceglie” per il suo protagonista una via alternativa: non una sola possibilità di vivere la sua vita, magari con mille dubbi e rimpianti per scelte che avrebbe potuto prendere ma che non ha preso, ma quattro possibili scenari. Il tutto perché invece di andare al cinema ha deciso di andare a teatro, o perché invece di andare dalla zia è andato a casa di un amico. Quattro diverse conseguenze scaturite dalle scelte alternative che il nostro protagonista ha deciso di prendere.
Auster sfrutta la sua grande abilità narrativa per dare vita a 4 (Archie) Ferguson nel corso di un solo romanzo, tant’è che molti hanno definito la sua opera come “l’insieme di quattro romanzi diversi tra loro, che hanno in comune soltanto il protagonista”; ma parlarne in questi termini è impreciso e riduttivo. Non sono romanzi diversi, sono le possibilità che Ferguson ha nel corso del romanzo (e sono le possibilità che tutti noi abbiamo nel corso delle nostre vite):

“Stai andando a un colloquio di lavoro. Il lavoro che sogni da quando sei nato. Se ti prendono, farai i salti di gioia. Se non ti prendono, tornerai a casa e ti impiccherai.Hai solo due alternative, la strada principale o quella secondaria, e ognuna ha i suoi pro e contro. Facciamo che scegli la strada principale e arrivi all’appuntamento in tempo. Non stai a riflettere sulla scelta che hai fatto, no? E se invece prendi quella secondaria e arrivi puntuale, anche in quel caso, bene così, e non ci penserai più finché campi. Ma è qui che diventa interessante. Prendi la strada principale, c’è un tamponamento a tre, il traffico è fermo per più di un’ora, e mentre sei nella tua auto pensi solo alla strada secondaria e ti chiedi perché non l’hai presa. Ti maledici per aver fatto la scelta sbagliata, eppure come lo sai se hai sbagliato davvero? Vedi mica la strada secondaria? Sai cosa sta succedendo sulla strada secondaria? Qualcuno ti ha detto che una sequoia enorme è caduta sulla strada secondaria e ha schiacciato un’auto in transito, uccidendo il conducente e paralizzando il traffico per tre ore e mezza? Qualcuno ha guardato l’orologio e ti ha detto che se avessi preso la strada secondaria l’auto rimasta schiacciata sarebbe stata la tua e tu saresti morto? O ancora: non è caduto nessun albero e hai sbagliato a prendere la strada principale. O ancora: hai preso la strada secondaria e l’albero è caduto sul conducente davanti a te, e mentre sei nella tua auto a rimpiangere di non aver preso la strada principale, non sai niente del tamponamento a tre che ti avrebbe comunque fatto perdere l’appuntamento. O ancora: non c’è stato nessun tamponamento a tre e hai sbagliato a prendere la strada secondaria.<<Dove vuoi arrivare Archie?>>Sto dicendo che non saprai mai se hai fatto la scelta sbagliata. Avresti bisogno di conoscere tutti i fatti in anticipo, e l’unico modo per disporre di tutti i fatti è essere in due posti nello stesso momento, ma è impossibile. Ecco perché la gente crede in Dio.” 
Leggendo, Auster ci accompagna alla (ri)scoperta dei fatti storici che hanno sconvolto e/o segnato in maniera particolare l’America di inizio secolo, dalla guerra del Vietnam (iniziata a metà degli anni ‘50) fino ad arrivare alle elezioni presidenziali americane del 1972, che videro protagonisti Nixon e McGovern.
Infatti, Auster dimostra di avere una vasta e approfondita conoscenza, ma non solo storica: spazia con nonchalance dalla storia cinematografica a quella musicale, senza tralasciare citazioni e/o riferimenti a libri di scrittori delle varie epoche che hanno cambiato la visione del mondo.
Inoltre il romanzo è in parte autobiografico: come Ferguson, anche Auster è nato a Newark (NY) nel 1947 e, come il suo protagonista, ha vissuto a Parigi e studiato alla Columbia University. Questo emerge soprattutto nella descrizione dei luoghi: è una descrizione così accurata e attenta ad ogni minimo dettaglio, propria di una persona che in quei posti ci ha vissuto realmente.
Ma la vera bellezza del romanzo, oltre alle cose che abbiamo sopra menzionato, la troviamo leggendo l’ultima pagina: ognuno dei quattro scenari si intreccia magistralmente all’altro per poi districarsi alla fine del romanzo, quando ogni tassello torna al proprio posto.

“…a quel punto la storia si affrancò dal territorio delle barzellette per diventare una parabola del destino umano e degli infiniti bivi che una persona deve affrontare durante il cammino della propria esistenza.Così nacque il nuovo libro di Ferguson. Non una persona con tre nomi, si disse. Ferguson avrebbe inventato altre tre versioni di se stesso e raccontato le loro storie insieme alla sua storia, e scritto un libro su quattro persone identiche ma diverse con lo stesso nome: Ferguson. Identici ma diversi, ovvero quattro ragazzi con gli stessi genitori, lo stesso corpo e lo stesso corredo genetico, ma che vivevano ognuno in una casa diversa in una città diversa in circostanze a sé stanti. Sballottati qua e là dagli effetti di queste circostanze, i ragazzi avrebbero cominciato a differenziarsi con il procedere del libro, gattonando o camminando o galoppando attraverso infanzia, adolescenza e prima età adulta come personaggi sempre più distinti, ognuno per la propria strada, eppure tutti quanti ancora la stessa persona, tre versioni immaginarie di sé, con l’aggiunta di se stesso in qualità di Numero Quattro, l’autore del libro.”

È un romanzo completo, ricco e innovativo. Condividiamo in pieno il pensiero di chi pensa sia il capolavoro di Auster, ed è difficile riuscire a eguagliare tanta complessità e bellezza.
Se ancora non lo avete letto, che aspettate?!
Se invece lo avete già letto non vediamo l’ora di sapere cosa ne pensate!





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